Idee,pensieri,parole,flash della vita di un giovane catanese emigrato per lavoro

domenica 20 giugno 2010

I have a dream

Catania non decolla, Catania stenta a rialzarsi. Sono anni che si sentono le stesse false verità, le stesse false promesse, le stesse fesserie dei politicanti, di destra e di sinistra, ma il degrado resta. A parole siamo bravi tutti, ma di fatti se ne vedono sempre meno. Ma la speranza, come in tutte le cose, è l'ultima a morire. E sono le piccole grandi realtà come Manitese Sicilia, GAPA, Iqbal Masih, Experia, Antico Corso, Prospettiva, ARCI, Libera e tante tante altre che fanno di questa città, una città che lotta, che resiste nonostante tutto e tutti e che mantengono vivo il sogno di una raggiante Catania, di una Catania che si rialza. Qualcuno un giorno disse "I have a dream", ho fatto un sogno e quel sogno lo pagò sulla sua pelle ma in larga parte è stato realizzato. Il mio sogno è quello di una Catania migliore, a misura di cittadino e ancor più di bambino. Cambiare si può, tutti insieme, se lo si vuole. E io lo voglio, e noi lo vogliamo. Facciamo sentire sempre la nostra voce!


Scritto di getto dopo aver letto il reportage di Step1:

A spasso nello scempio
di Francesco Currò e Foto di Claudio Fabrizi | 19/06/2010 |

Dopo lo sgombero dell'Experia, il Comitato di Difesa del Centro Popolare ha promosso una lunga serie di iniziative per denunciare il degrado della città e l'abbandono dei beni pubblici dei quartieri popolari. Ieri pomeriggio hanno fatto tappa a San Cristoforo

mercoledì 7 aprile 2010

Discorso di Freccia, "Io credo" da ("Radio Freccia")

Nel primo embrione di Blog la prima cosa che pubblicai dopo il post di benvenuto, fu la trascrizione di questo discorso, un pezzo che a me piace molto, eccezion fatta (ovviamente) per la citazione calcistica (chi mi conosce sa che non amo particolarmente una certa squadra di calcio)...



«Buonanotte. Quì è Radio Raptus, e io sono Benassi - Ivan. Forse lì c'è qualcuno che non dorme. Beh, comunque che ci siete oppure no io c'ho una cosa da dire. Oggi ho avuto una discussione con un mio amico. Lui è uno di quelli bravi: bravi a credere in quello cui gli dicono di credere. Lui dice che se uno non crede in certe cose non crede in niente. Beh, non è vero: anch' io credo. Credo nelle rovesciate di Bonimba e nei riff di Keith Richards; credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l'affitto ogni primo del mese; credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi; credo che un Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa; credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua, e allora mi sa che crederò primo o poi in qualche Dio; credo che semmai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con 300.000£ al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose; credo che c'ho un buco grosso dentro ma anche che il Rock 'n' roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro e le stronzate con gli amici, beh, ogni tanto questo buco me lo riempiono; credo che la voglia di scappare da un paese con 20.000 abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx; credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti, ti serve molta energia. Ecco, vedete un po' di ricaricare le vostre scorte con questo.» (e qui Freccia/Accorsi fa partire il disco "Rebel Rebel" di David Bowie, ndR)

martedì 30 marzo 2010

Don Raffaè

Catania, la procura prepara le richieste di arresto
Nel mirino gli uomini del presidente. Le accuse dei pentiti.


Voto di scambio e appalti pilotati
Due anni di indagini sul governatore

di FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI

CATANIA - Nel palazzo di giustizia di Catania c'è fibrillazione dopo le anticipazioni pubblicate ieri da "Repubblica" sull'inchiesta che vede indagati per concorso esterno in associazione mafiosa il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, leader del Movimento per l'Autonomia e suo fratello Angelo, deputato nazionale. Notizie arrivate proprio nei giorni in cui i magistrati del pool cui è stata affidata l'inchiesta, l'aggiunto Giuseppe Gennaro e i sostituti Agata Santonocito, Iole Boscarino e Antonino Fanara, che da due anni in gran segreto hanno raccolto prove e riscontri sulle presunte connivenze dei due uomini politici accusati anche da collaboratori di giustizia, stanno lavorando alla richiesta di ordine di custodia cautelare nei confronti dei fratelli Lombardo da passare alla firma del procuratore Vincenzo D'Agata prima di essere sottoposta al vaglio dell'ufficio del Gip. E ieri il capo della Procura, confermando indirettamente l'inchiesta a carico del governatore, ha parlato di una "matrice politica" della fuga di notizie. "I giornalisti fanno il loro corretto mestiere, ben diversa è la funzione del magistrato che da matrici, interessi e strumentalizzazioni politiche deve e intende restare assolutamente estraneo".

Dichiarazioni che lasciano trapelare un evidente imbarazzo in una Procura da molto tempo alle prese con un'inchiesta complessa che sei mesi fa, con una decisione passata sotto silenzio, il gip ha rifiutato di archiviare come chiedeva allora la Procura, e che ora sembra aver ritrovato nuovo vigore con riscontri dell'ultima ora compendiati n
el corposo rapporto depositato dal Ros.


Appoggio elettorale in cambio di favori, appalti e posti di lavoro, la più classica delle accuse. Ci sono ore e ore di intercettazioni telefoniche e ambientali, nonostante la rete di sicurezza che Raffaele Lombardo riteneva di aver eretto a protezione delle sue comunicazioni e dichiarazioni di pentiti delle cosche mafiose catanesi, in particolare del clan che faceva capo al vecchio padrino Nitto Santapaola che ha lasciato il suo posto al suo luogotenente di sempre, quel Vincenzo Aiello, il tenutario della "bacinella", la cassa in cui confluivano gli introiti del clan e da cui si prelevavano le somme da reinvestire in affari legali. Proprio Aiello, arrestato l'ultima volta ad ottobre scorso durante un summit di mafia, sarebbe stato il "con
tatto" dei Lombardo con le cosche. Agli atti dell'inchiesta anche fotografie, filmati e documenti relativi a decine e decine di appalti, nomine e forniture pubbliche regionali, soprattutto nel settore della sanità, dei rifiuti e della formazione professionale. Fiumi di denaro e assunzioni clientelari nell'amministrazione pubblica, non soltanto regionale, negli Ato rifiuti, nei consorzi e nelle società di servizi, nelle Province e nei Comuni dove, parallelamente ai galoppini della mafia che distribuivano facsimile, l'Mpa ha assunto sempre più potere con una campagna acquisti anche tra le altre forze politiche senza precedenti negli ultimi anni.

Gli investigatori del Ros hanno radiografato gli ultimi due anni di attività, in parallelo, della politica del governo regionale e degli affari delle cosche catanesi. E seguendo questa ragnatela, insieme ai Lombardo, nel registro degli indagati della Procura sono finiti anche altri uomini personaggi, come il deputato regionale dell'Udc Fausto Fagone, alcuni sindaci della Sicilia orientale, funzionari regionali e consulenti che, a vario titolo, avrebbero favorito le attività di Cosa nostra.


Nell'inchiesta riflettori puntati anche su alcuni persona
ggi molto vicini al presidente della Regione ed al fratello Angelo. In particolare su un autista e factotum dei due fratelli, un poliziotto che era in servizio a Catania e che adesso svolge la sua attività da privato, a Palermo dopo avere ottenuto un distacco perché consigliere dell'Mpa in una circoscrizione comunale, sulla moglie del poliziotto, consigliere provinciale a Catania sempre nelle fila del Mpa. Gli investigatori hanno anche scoperto la rete dei "postini" che avrebbero trasmesso i messaggi di mafiosi e di imprenditori amici al presidente Raffaele Lombardo ed al fratello Angelo. "Postini" indispensabili perché, come hanno rivelato le intercettazioni a mafiosi e negli ambienti politici, Raffaele Lombardo era "ossessionato" dalla possibilità di essere intercettato. Ma i mafiosi, durante i loro incontri, parlavano della "barriera" che Raffaele Lombardo aveva eretto per non essere raggiunto telefonicamente. Qualche boss si lamentava: "Da quando è stato eletto presidente non ci si può parlare più", mentre altri "comprendevano" e "giustificavano" le precauzioni del Presidente.

Uno dei capitoli più consistenti dell'inchiesta riguarda poi gli appalti di cui spesso parlavano durante i summit di mafia i boss catanesi che, in cambio di un aiuto, avrebbero sostenuto elettoralmente i due fratelli. Un nuovo pentito ha svelato questi intrecci tra mafiosi e politici tracciando una mappa di tutti gli interessi economici, grandi e piccoli, che non riguarderebbero soltanto la Sicilia orientale, ma anche Palermo, Agrigento e Trapani.

Parallelamente all'inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, nei confronti di Raffaele Lombardo a Catania c'è un'altra indagine per un intervento che il governatore avrebbe fatto a favore di venditori ambulanti del centro storico che erano stati fatti sgomberare da polizia e vigili urbani. In quell'occasione Lombardo, come conferma un dettagliato rapporto delle forze dell'ordine, scese in strada, chiese informazioni ad un ambulante che rassicurò sostenendo che chi li aveva fatti sgomberare era "un pazzo e uno scriteriato", esortando poi gli ambulanti a ritornare nei loro posti.

© Riproduzione riservata (30 marzo 2010)

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Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie e lo Stato che fa
si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità
mi scervello e mi asciugo la fronte per fortuna c’è chi mi risponde
a quell’uomo sceltissimo immenso io chiedo consenso a don Raffaè

(Fabrizio De Andrè)

domenica 28 marzo 2010

mercoledì 3 marzo 2010

Pubblico delle grandi occasioni...

...alla manifestazione pro-Polverini a Roma: come si dice in questi casi, le immagini si commentano da sole...



(fonte: http://iltafano.typepad.com)

Quelli che.... / 1

Quelli che prendono sempre il caffe amaro, però quando sono al bar s'intascano lemme lemme la bustina con lo zucchero.

Quelli che in Lombardia...
"rubrica" si pronuncia "rù-bri-ca" e non "ru-brì-ca";
che si dice "alla una" invece di "all'una";
che per non bestemmiare se la prendono con un certo Diaz...(e per questo in Serie A evitano la squalifica...)

Quelli che quando si soffiano il naso aprono il fazzoletto per visionare cosa hanno prodotto...

(continua...)

sabato 13 febbraio 2010

"La prima cosa bella", Italia, 2010

Ho visto quasi tutti i film di Virzì e devo dire che mi piace come rappresenta uno spaccato di Italia non lontano dal vero, come molta ironia e anche autoironia. Il film racconta la storia del rapporto di una madre sui generis, ma legatissima ai figli e di come gli stessi figli vivano il rapporto con la madre, dall'abbandono del padre alle relazioni fugaci della madre, dall'infanzia all'adolescenza, fino all'età adulta. Un fratello (Valerio Mastrandrea) e una sorella (Claudia Pandolfi) così simili e così diversi, un po' come tutti i fratelli: lui, punto di riferimento per lei, chiuso in se stesso, incapace di esprimere i suoi sentimenti, anche verso la sua attuale compagna e che ha abbandonato anni addietro la famiglia, dopo l'ennesimo contrasto con la madre, per trasferirsi al nord e insegnare in un liceo milanese; lei, un po' più spensierata, ma non per questo meno matura, che sente la mancanza del fratello, in un momento difficile quale da un lato la malattia della madre, dall'altro il suo rapporto coniugale con Giancarlo, primo amore, ma a cui rimane legato per affetto e per i figli, che non per vero amore. E poi c'è lei, la madre (Stefania Sandrelli) allo stadio terminale di una malattia, ma ancora viva, forse più del figlio, che nella vita ha lottato contro tutte le maldicenze e chi voleva ostacolarla per crescere i suoi figli e al tempo seguire il suo sogno di attrice. Il titolo prende spunto dall'omonima canzone, portata al successo da Nicola Di Bari, che la madre canta insieme ai figli nei momenti di massimo sconforto e difficoltà. Uno straordinario cast, una bella storia alla Virzì sullo sfondo degli ultimi trent'anni di storia e costume del Bel Paese.